Cassazione, Sezioni Unite Penali, 5 febbraio 2015, n. 5396
Cassazione, sez. Unite Penali, 5 febbraio 2015, n. 5396
L’art. 696 bis risulta ammissibile solo ove l’assegnazione dell’incarico peritale sia idoneo a risolvere la controversia sull’an e sul quantum, e ciò sia possibile in quanto gli accertamenti abbiano un elevato grado di fattualità.
È quanto ha stabilito il giudice della terza sezione del Tribunale di Roma, rigettando un ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis proposto dagli eredi di una donna deceduta nei confronti di un medico (radiologo) asseritamente responsabile per avere prescritto e consigliato a quest’ultima una terapia (radioterapia) inadeguata e fuorviante.
In particolare, i ricorrenti chiedevano al giudice di accertare “se vi sia stata un’errata diagnosi, se vi sia nesso causale fra l’errata diagnosi e l’evento morte, se vi sia stata imperizia dei medici, se vi sia nesso causale fra tale imperizia e la non corretta diagnosi, se vi sia stata errata terapia”, e, in ultimo, se si siano prodotti danni di natura anche non patrimoniale per gli eredi.
Ma per il giudice il ricorso è inammissibile in quanto “le domande dei ricorrenti sono incompatibili logicamente e giuridicamente con il mezzo prescelto”.
In effetti, precisa il giudice de quo, per l’ammissibilità dello stesso non è necessaria la certezza e la non contestazione dell’an, ma certamente non può ammettersene l’utilizzo nei casi in cui sussista un radicale e profondo contrasto fra le parti sulla esistenza stessa del credito, prima ancora che sulla sua quantificazione, e qualora l’accertamento richieda indagini complesse non solo in fatto ma anche in diritto, involgendo questioni la cui soluzione non è possibile demandare al consulente tecnico.