Un, due tre, quater: grammatica!
Si impone – crediamo – un piccolo contributo di carattere non giuridico, ma grammaticale, all’eterno dibattito sul ‘senso’ logico dei celeberrimi commi 3 ter e 3 quater dell’altrettanto noto articolo 1 della legge 27/12.
Due aspetti dirimenti riguardano l’utilizzo, da parte del legislatore (nel comma 3 quater della prefata norma), della particella disgiuntiva ‘o’ tra gli avverbi ‘visivamente’ e ‘strumentalmente’ e dell’aggettivo ‘suscettibile’ impiegato per qualificare la lesione potenzialmente risarcibile (nel comma 3 ter dello stesso articolo).
Ebbene, per quanto riguarda il primo aspetto, non vi è dubbio alcuno che la lingua italiana assegni due connotazioni e due pregnanze semantiche tutt’affatto differenti alle seguenti particelle: ‘e’ da un lato e ‘o’ dall’altro. Più in particolare, tali particelle vanno sussunte nella categoria grammaticale della c.d. congiunzione. La congiunzione è la parte del discorso destinata a connettere due sintagmi in una proposizione oppure due preposizioni in un periodo.
Orbene, sia la congiunzione ‘e’, sia la congiunzione ‘o’ vanno annoverate tra le congiunzioni semplici composte da una sola parola; tuttavia, esse rientrano, a loro volta, all’interno di due distinte sottocategorie. Infatti, la particella ‘e’ è una congiunzione coordinante copulativa positiva, mentre la congiunzione ‘o’ è una congiunzione coordinante disgiuntiva.
Ciò implica quanto segue, se la logica ha ancora diritto di cittadinanza tra le pagine dei codici e nella aule di giustizia: solo l’utilizzo della congiunzione coordinante copulativa positiva vuol significare che i due elementi di una stessa frase vanno ‘letti’ e interpretati alla stregua di una reciproca concatenazione e, perciò, considerati coesistenti in contemporanea.
Per contro, l’utilizzo della congiunzione coordinante disgiuntiva (tipicamente la particella ‘o’) associa sì, sotto il profilo della contiguità testuale, due lemmi, ma lo fa per porli reciprocamente in alternativa sul piano logico.
È sufficiente ricorrere a queste elementari nozioni di grammatica per comprendere che è proprio il comma 3 quater dell’art. 1 della L. 24.03.12 n. 27 a legittimare il risarcimento del danno alla persona che risulti accertato solo visivamente e, dunque, anche a prescindere da un esame strumentale.
Ancor più importante è l’utilizzo, da parte del legislatore, dell’aggettivo ‘suscettibile’ fatto proprio dal comma 3-ter della stessa legge.
Infatti, tale attributo evoca non già una situazione realizzata in atto, quanto piuttosto una situazione inverabile in potenza. Altrimenti detto, il legislatore non chiede che la lesione di lieve entità (onde dar luogo al risarcimento del danno biologico permanente) sia effettivamente ‘suscetta’, quindi concretamente e attualmente (nel senso aristotelico del termine) sottoposta a un accertamento clinico strumentale e obiettivo. Chiede, semmai e piuttosto, che tale lesione sia potenzialmente (sempre aristotelicamente parlando) idonea a un accertamento strumentale a prescindere (con tutta evidenza) dalla sua pratica effettuazione.
Ci si richiama in proposito alla sentenza del Tribunale di Padova n. 4707/14 del 06.11.14 in cui il Giudice chiarisce alcuni punti fondamentali della tematica in questione: “Non è affatto necessario interpretare la novella nel senso di aver posto la legge contro la scienza medica e nemmeno nel senso che il legislatore abbia voluto determinare una modalità esclusiva nell’accertamento della lesione del danno alla salute. Un’interpretazione letterale delle diposizioni porterebbe a risultati non accettabili, perché escluderebbe, senza alcuna giustificazione, la risarcibilità di un danno alla persona effettivamente sussistente secondo la scienza medica. Legiferare intorno alle regole risarcitorie da utilizzare ai fini della quantificazione del danno è ben diverso dall’escludere tout court la risarcibilità di taluni danni alla persona, anche se di modesta entità”.
Concordiamo con l’illustre giudicante, con una sola piccola chiosa: anche una interpretazione letterale, anzi – di più! – scrupolosamente grammaticale delle norme in questione conduce inesorabilmente alla medesima morale: con o senza esami strumentali, il colpo di frusta (medico legale permettendo) va risarcito.
Avv. Francesco Carraro – www.avvocatocarraro.it
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