Anche l’intervento chirurgico ben eseguito va risarcito, ove inutile
In un momento molto “caldo” per il settore della cosiddetta malpractice medica – tra entrata in vigore della nuova legge Gelli-Bianco e interventi giurisprudenziali innovativi rispetto alla consolidata tradizione – va segnalata la sentenza della Cassazione civile n. 12.597 del 19.05.2017 secondo la quale il risarcimento del danno può conseguire anche a un intervento che si sia rivelato non già dannoso, ma semplicemente inutile.
Nel caso preso in esame dai giudici di legittimità, il paziente si era lamentato di una operazione chirurgica alla spalla sinistra rivelatasi superflua benché correttamente eseguita. Ebbene, a dire della Corte, il fatto che la prestazione non abbia sortito effetti pregiudizievoli non implica, per ciò stesso, che i sanitari debbano essere mandati esenti da qualsivoglia responsabilità. Ciò soprattutto quando la struttura sanitaria non abbia dato corso alle giuste e adeguate attività pre e post operatorie finalizzate a predisporre il terreno all’intervento e ad “accompagnarlo” successivamente, con percorso riabilitativo ad hoc.
Nel caso in cui risultino omessi tali accorgimenti (che dovrebbero costituire il fondamento e il requisito imprescindibile di ogni attività medico-chirurgica) può certamente affermarsi che il paziente ne riceva un danno nonostante la correttezza del contegno operatorio. Questo danno va inscritto nella categoria dei danni conseguenza e si concretizza nella menomazione dell’agire quotidiano del soggetto e della sofferenza ovvero del disagio interiore procurati alla vittima durante tutto il tempo necessario a preparare l’intervento chirurgico, a eseguirlo e, infine, a gestirlo nei suoi esiti conclusivi.
In particolare, la inutilità dell’intervento implica una ingerenza dannosa nella sfera psico-fisica della persona e si caratterizza alla stregua di una compromissione ingiustificata della sfera intangibile del malato foriera di effetti pregiudizievoli (di natura ovviamente non patrimoniale) meritevoli di ristoro.
Così la Suprema Corte ha sintetizzato i succitati principi evidenziando in particolare che la inutilità – onde ingenerare il diritto al risarcimento – ha da essere, lo ribadiamo, una conseguenza della omissione di trattamenti pre e post operatori “necessari, sempre secondo la lex artis, per assicurare l’esito positivo”.
Avv. Francesco Carraro – www.avvocatocarraro.it
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