La Cassazione lo ribadisce: le spese per l’attività stragiudiziale vanno rimborsate
La problematica delle spese stragiudiziali sostenute o sostenende (per farsi assistere nella trattazione di un sinistro stradale) costituisce, da tempo, un problema dibattuto nella giurisprudenza di merito e di legittimità. I filoni emersi sono sostanzialmente due: da un lato, quello della chiusura totale alla prospettiva della ristorabilità di questa voce di danno, dall’altro quello di una riconoscibilità nella misura in cui tale spesa sia adeguatamente documentata e volta a compensare una prestazione utile ed effettiva.
Ora sul tema interviene la Cassazione Civile con una ordinanza del 13.03.2017, la n. 6422. La Suprema Corte si è trovata ad affrontare il caso di una carrozzeria che aveva acquistato il credito risarcitorio della vittima di un sinistro e aveva attenuto dalla compagnia di assicurazione un risarcimento banco iudicis di euro 3.000,00. Lo stesso non era stato, però, ritenuto congruo in quanto manchevole del rimborso delle spese sopportate dalla carrozzeria per remunerare il professionista incaricato della trattativa stragiudiziale. La domanda dell’attrice era stata respinta sia in primo grado che in appello.
Interessata del caso, la Corte di Cassazione ribaltava il verdetto soffermandosi in particolar modo sulla natura di tale voce dio danno. A giudizio degli Ermellini, si rischia – nell’affrontare il problema – di incorrere in un confuso inquadramento della fattispecie. Infatti, laddove l’attività di consulenza e assistenza stragiudiziale non ottenga il risultato sperato prima dell’intrapresa del giudizio, i compensi dovuti al professionista confluiscono, in genere – nel corpo dell’atto di citazione ovvero nelle motivazioni della successiva pronuncia – all’interno dell’ampia voce rubricata come rifusione delle spese legali giudiziali.
Ebbene, trattasi di un errore e non solo terminologico giacché la prefata voce di danno costituisce, in tutto e per tutto, un pregiudizio sussumibile nella categoria dei cosiddetti danni emergenti. Pertanto, il giudice al quale sia avanzata una richiesta di rimborso di tali spese dovrà liquidarle ‘ a parte’ rispetto alla rifusione delle spese di lite, sempre che esse si siano rivelate congruenti con una qualche attività pre-processuale definibile come utile.
La sentenza in commento suggerisce che l’utilità dovrà essere valutata ex ante “cioè in vista di quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l’esito futuro del giudizio”. Altrimenti detto, la Corte di Cassazione ha ritenuto ontologicamente diverse le spese legali vere e proprie, per così dire, cioè liquidate o liquidabili per l’attività giudiziale dalle competenze spettanti ai patrocinatori intervenuti nella gestione della fase pregiudiziale.
In ogni caso, conta che – fermi restando gli oneri di allegazione e prova a carico dell’attore – il rimborso di tale spese è dovuto. Ci troviamo, in buona sostanza, di fronte a una pronuncia destinata ad avere positive ricadute per tutti i danneggiati i quali potranno a buon diritto (e in forza di questo autorevolissimo precedente) rivendicare il rimborso di una spesa troppo spesso disinvoltamente e ingiustamente misconosciuta dalle compagnie di assicurazione.
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