La malasanità e il foro del consumatore
Con sentenza 15369/2017 pubblicata il 21.06.17 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul cosiddetto ‘foro del consumatore’ in una materia (compravendita di beni mobili registrati) non attinente a quella della responsabilità civile e tuttavia suscettibile di ricadute significative sulla medesima.
Nel caso affrontato dalla Corte, il ricorrente, privato cittadino, si doleva del fatto che sia il giudice di primo grado sia il giudice d’appello non avesse ritenuto sussistente la competenza territoriale del giudice del luogo in cui il medesimo ricorrente risiedeva.
Quest’ultimo riteneva dovesse applicarsi la disciplina dell’art. 33, II comma lettera U del decreto legislativo 06.09.05 n. 2006 (cosiddetto Codice del Consumo) che stabilisce una presunzione di vessatorietà delle clausole contrattuali che statuiscono come foro competente località diverse da quella di residenza o di domicilio del consumatore.
Il tribunale, in secondo grado, aveva escluso l’applicazione dell’art. 33 preferendo sussumere il caso entro le coordinate normative dell’art. 44 del Codice del Consumo il quale richiama “per i contratti negoziati nei locali commerciali” la disciplina per il settore del commercio di cui al decreto legislativo 31.03.98 n. 114.
Senonché, il decreto da ultimo richiamato non contiene nessuna regola per la competenza territoriale. Di conseguenza, il tribunale medesimo – giacché la vertenza in esame concerneva un contratto stipulato in un locale commerciale – aveva ritenuto non applicabile, nella fattispecie concreta, la clausola del foro del consumatore.
Ebbene, i giudici di legittimità hanno sancito il principio per cui l’art. 33 secondo comma lettera U debba applicarsi sempre a prescindere dal fatto che il contratto tra il consumatore e il professionista sia stato negoziato all’interno di un locale commerciale o fuori di esso.
L’interesse della pronuncia in questione, in ambito risarcitorio, discende dal fatto che – anche nei casi di malpractice medica – il paziente può invocare il foro del consumatore laddove e allorquando egli si qualifichi come “consumatore” e addebiti all’azienda ospedaliera pubblica la qualifica di “professionista”.
La Suprema Corte, con ordinanza del 24.12.14 n. 27.391, ha statuito che le controversie tra un paziente e una struttura del Servizio Sanitario Nazionale possono considerarsi come rientranti nel novero di un rapporto professionista-consumatore solo nel caso in cui i costi della prestazione siano posti in capo all’utente e non al S.S.N. medesimo. Tipica è l’ipotesi di un intervento chirurgico eseguito da un sanitario in regime di intra moenia.
Avv. Francesco Carraro – www.avvocatocarraro.it
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