La Cassazione ‘rilegge’ il concorso di colpa del minore nei sinistri stradali
Il tema del “concorso di colpa” è tra quelli involgenti non pochi problemi nell’ambito della risoluzione giudiziaria di vicende di incidenti stradali, soprattutto quando sia ivi coinvolta la condotta di un pedone.
Va preliminarmente ricordato che, nelle casistiche summenzionate, non si applica l’art. 2054, II comma c.c. relativo alla presunzione di pari responsabilità (fino a prova contraria) dei mezzi coinvolti in una collisione, bensì l’art. 2054, I comma c.c. che onera il conducente del veicolo senza guida di rotaie di una responsabilità presunta laddove egli cagioni danni a terzi. E ciò anche e soprattutto nell’ipotesi in cui la sua condotta imprudente, negligente o imperita faccia sì che la vettura vada ad attingere il corpo di un soggetto circolante sulla pubblica via senza però essere, a sua volta, alla guida di un veicolo.
La prefata norma costituisce un’arma formidabile, sul piano processuale e dell’applicazione dei principii dell’onus probandi, a favore dei pedoni. Essi possono invocare proprio il dettato dell’art. 2054 I comma c.c. per chiedere che il giudice voglia reputare impegnata la responsabilità del conducente della macchina investitrice salvo che (e fintantoché) quest’ultimo non dimostri (probatio, invero, diabolica) di aver fatto tutto il possibile per evitare l’impatto.
In casi consimili, la strategia difensiva del danneggiante deve tradursi nella dimostrazione che il sinistro si è verificato per il concorso causalmente preponderante, se non addirittura esclusivo, dell’improvvida condotta di marcia tenuta dal pedone. Cioè da colui che, pedibus calcantibus, abbia intersecato per sua esclusiva colpa (magari all’ultimo momento o complice una disattenzione) la traiettoria della vettura la quale, dal canto suo, procedesse nel rigoroso rispetto di tutti i dettami del Codice della Strada.
Ebbene, una buona notizia per chi debba sostenere la tesi del “pedone imprudente” viene da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione, la nr. 5787 dell’8.03.17, che si è occupata dei requisiti di cui all’artt. 1227 comma 1 c.c.
Più precisamente, nel caso affrontato dai giudici di legittimità, questi ultimi si sono trovati dinanzi alla vicenda di un minore improvvisamente sfuggito al controllo esercitato sul medesimo dai genitori.
La Corte ha appurato come ricorressero, nella fattispecie, tutti gli elementi onde addebitare un concorso di colpa al bambino per aver attraversato lo strada senza sincerarsi dell’improvviso sopraggiungere del mezzo avversario. Secondo i giudici di Piazza Cavour, tale incidenza eziologica della condotta (inquadrabile – sotto il profilo soggettivo – nell’ovvia imprudenza del minore combinata alla negligenza dei genitori) nella produzione dell’evento, può essere fatta rientrare, a tutti gli effetti, nella categoria del fatto colposo del creditore idoneo a contribuire alla verificazione del fatto lesivo.
Alla luce di un tanto, e ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 comma 1 c.c., la predetta concorsualità è rilevabile d’ufficio dal giudice senza che sia dovuta la proposizione “di una eccezione in senso proprio (orientamento consolidato: Cass. S.U., 3.6.2013, n. 13902; Cass. 15.10.2013, n. 23372; Cass. 10.11.2009 n. 23734)” da colui che ne abbia interesse. Insomma, il giudice può rilevare d’ufficio la esistenza di con concorso di colpa del pedone minorenne, senza che sia necessaria la formulazione di una eccezione delle parti destinate a beneficiarne.
Un altro aspetto assai interessante della pronuncia in commento riguarda la risposta a un quesito che molti si pongono nel momento in cui è doveroso declinare sul piano pratico la previsione normativa dell’articolo 1227 c.c.: quando la norma suddetta parla di “fatto colposo” idoneo a ridurre proporzionalmente l’obbligo del responsabile, fa riferimento anche ai comportamenti di soggetti non imputabili e quindi incapaci di intendere e di volere (quale doveva ritenersi, a tutti gli effetti, il minore nel sinistro in questione)? Secondo gli Ermellini la risposta deve essere affermativa.
Altrimenti detto, l’art. 1227 e la locuzione ivi contenuta di “fatto colposo” devono leggersi quale sinonimo di contegno “oggettivamente in contrasto con una regola di condotta” benché ascrivibile a un soggetto incapace.
Questo significa che – anche in presenza di condotte concorsualmente rilevanti poste in essere da soggetti incapaci – potrà ben applicarsi la reductio (di cui all’art. 1227 c.c.) della responsabilità della controparte. Infatti, l’indagine imposta dall’art. 1227 va limitata all’accertamento di una causa concorrente e prescinde completamente dalla necessità che il soggetto coautore dell’evento sia o meno capace. Alla stessa stregua, è anche irrilevante accertare la sussistenza di una concorrente responsabilità dei genitori ovvero dei custodi dell’incapace.
Avv. Francesco Carraro – www.avvocatocarraro.it
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