Le notifiche agli irreperibili sotto la lente della Cassazione
Con ordinanza n. 683 del 12.1.2018, la Corte di Cassazione ha puntualizzato i presupposti che consentono di notificare un atto giudiziario, o amministrativo, con le modalità previste dall’art. 140 del codice di procedura civile.
L’arresto giurisprudenziale de quo, significativo e condivisibile, è da apprezzarsi soprattutto perché – in un contesto storico e sociale connotato da una vistosa, e a tratti frenetica, mobilità che porta i cittadini a trascorrere gran parte delle ore diurne fuori di casa – la norma disciplinante le notifiche in assenza del destinatario assume un’importanza cruciale in grado di impattare, talora con conseguenze nefaste, sulla vita e sul patrimonio dei debitori. Pensiamo a quante volte ci sarà capitato di sentire qualcuno lamentare la mancata ricezione di una diffida o di una ingiunzione recanti importi poi lievitati in modo macroscopico per effetto del decorso del tempo, con conseguente applicazione di interessi di mora, maggiorazioni e altri balzelli.
Orbene, l’art. 140 c.p.c. e l’art. 14 della legge 689/81 permettono, tra l’altro, agli ufficiali giudiziari di portare a compimento una notifica anche se il soggetto cui materialmente è destinato l’atto non si trova, per ipotesi, nella propria dimora o nel proprio domicilio.
Affinchè la notifica possa comunque considerarsi validamente effettuata, l’ufficiale deve affiggere un avviso alla porta dell’edificio ove doveva trovarsi il destinatario, deve depositare una copia del plico nella casa comunale competente e deve avvisare il destinatario medesimo (a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento) degli adempimenti compiuti.
Purtroppo, nel corso degli anni è invalso l’abuso di questo tipo di notifiche soprattutto da parte delle pubbliche amministrazioni e degli esattori i quali se ne sono serviti ben oltre i limiti tassativamente stabiliti dal codice. La legge, infatti, permette la notifica ex art. 140 c.p.c. solo in presenza dei seguenti presupposti: “impossibilità di conseguire la consegna per irreperibilità o incapacità o rifiuto delle persone cui l’atto può essere consegnato”.
La Corte, con l’ordinanza in commento, ha chiarito che la tipologia di notifica di cui trattasi è regolare solo se l’ufficiale non può consegnare l’atto direttamente a mani proprie dell’interessato ovvero nella residenza, dimora o domicilio di costui. Soprattutto, il presupposto indefettibile (ai fini della validità di tale rimedio) è che l’organo adibito alla notificazione specifichi in maniera inequivoca le ragioni per cui egli non ha consegnato “normalmente” l’atto. A tal fine non è sufficiente un generico e onnicomprensivo richiamo alle tre fattispecie contemplate dalla prefata norma (e cioè irreperibilità, incapacità e rifiuto di ricevere il piego).
È invece indispensabile che l’ufficiale notificatore evidenzi, in modo specifico e dettagliato, quale esattamente dei presupposti summenzionati ricorra nel caso concreto. Infatti, indicarli tutti e genericamente, con le classiche frasi di stile, equivale a non indicarne nessuno.
Avv. Francesco Carraro
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