L’assicurato può agire contro la compagnia anche se non ha stipulato la relativa polizza

Un’ordinanza del 20.12.17, la  nr. 30.653 della Corte di Cassazione, ha affrontato il tema del diritto esercitato dall’assicurato di evocare in giudizio la compagnia di assicurazione (per far valere la relativa copertura) anche nel caso in cui la polizza sia stata stipulata da un soggetto diverso dal beneficiario.

Il caso di specie riguardava la vicenda di un medico di un’azienda ospedaliera il quale era rimasto coinvolto in un incidente stradale mentre, alla guida del proprio veicolo, faceva ritorno a casa provenendo dalla propria sede di servizio. Egli aveva chiamato in causa la compagnia tenuta a indennizzarlo in ossequio a una polizza infortuni stipulata dall’azienda sanitaria alle cui dipendenze il dottore lavorava. Quindi, a ben vedere, il soggetto contraente della polizza non era colui che ne invocava le garanzie, ma piuttosto la struttura dove costui prestava i propri servizi. Il sanitario, invece, doveva considerarsi, a tutti gli effetti, un mero beneficiario delle eventuali indennità dovute giusta il contratto in essere.

Trattavasi, in buona sostanza, di un tipico contratto di assicurazione per conto altrui con il quale sovente le ULSS (alla pari di altre realtà aziendali) garantiscono una copertura contro gli infortuni occorsi al proprio personale dipendente addetto al servizio di continuità assistenziale in regime di convenzione.

La compagnia si era costituita in giudizio contestando che il medico potesse vantare un’azione diretta nei suoi confronti e l’aveva spuntata sia in primo che in secondo grado.

Il medico è ricorso in sede di legittimità per protestare la violazione e falsa applicazione di legge da parte della Corte d’Appello di Sassari. Quest’ultima, pur riconducendo la tipologia negoziale in esame nel novero di quelle “per conto altrui” disciplinate dall’art. 1891, negava che i terzi assicurati –  benché beneficiari del contratto di assicurazione – potessero accampare, nei confronti di quest’ultima,  un diritto di azione diretta. E ciò proprio in considerazione del fatto che i terzi, in quanto tali, non possono reputarsi parte contrattuale.

La Suprema Corte, invece, ha capovolto l’esito del giudizio di secondo grado e accolto il ricorso affermando che le tutele discendenti dal rapporto assicurativo di cui all’art. 1890 secondo comma c.c. (a mente del quale “i diritti derivanti dal contratto spettano all’assicurato e il contraente, anche se in possesso della polizza, non può farli valere senza espresso consenso dell’assicurato medesimo”) possono essere esercitati direttamente dal soggetto beneficiario.

Cogliamo l’occasione per rammentare che, alla base della norma contenuta nell’art. 1891, vi è il cosiddetto “principio indennitario” secondo il quale ci deve essere sempre e comunque una assoluta coincidenza tra il titolare dell’interesse protetto e colui che vanta il diritto alla prestazione derivante dal contratto assicurativo.

Avv. Francesco Carraro

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