Il settore dell’infortunistica stradale è andato via via complicandosi nel corso degli ultimi anni. Ciò per effetto di una congerie, spesso disordinata e caotica, di riforme licenziate con ritmo forsennato dal legislatore nonché a causa dell’affastellarsi di sentenze (emesse dai giudici di merito e di legittimità) sovente contraddittorie l’una rispetto all’altra. In seguito all’entrata in vigore del cosiddetto Nuovo Codice delle Assicurazioni (D. Lgs. 209/2005), il punto di riferimento della materia è costituito, per una buona parte dei casi, dalla procedura del “risarcimento diretto”, disciplinata dall’art. 148 del testo di legge summenzionato. Altri articoli di grande rilevanza sono il 141 (risarcimento a favore del terzo trasportato) e il 138 (risarcimento danni di considerevole entità altrimenti definiti come “macro-lesioni”). Proprio in ragione della iper-produzione normativa, della vastità della casistica giurisprudenziale e della molteplicità di rimedi contemplati dal legislatore, la strategia migliore va studiata caso per caso e calibrata attentamente, tarandola sulle peculiarità della fattispecie concreta. La trattativa stragiudiziale è solo la prima parte di un’opera che, non di rado, necessita del ricorso all’azione giudiziale. Disimpegnarsi con la dovuta accortezza nella fase che precede la causa civile rappresenta la condizione imprescindibile per ottenere i migliori risultati anche in sede processuale.
La cosiddetta malasanità, o “responsabilità professionale medica”, o malpractice è uno dei settori della responsabilità civile più importanti, difficili e meritevoli di attenzione. Nell’aprile del 2017 è entrata in vigore la nuova legge quadro (“Gelli-Bianco”) disciplinante le controversie medico-paziente o struttura sanitaria-paziente. Essa ha istituzionalizzato l’obbligo del preliminare (da espletarsi, cioè, prima dell’intrapresa di un giudizio civile) rimedio contemplato dall’articolo 696 bis c.p.c. Ci riferiamo all’accertamento tecnico-preventivo finalizzato alla conciliazione della lite che consiste nella sottoposizione del paziente alla valutazione di un medico-legale di nomina giudiziale. Solo dopo essere transitati (senza risultati) attraverso l’iter di questa procedura (ovvero, in alternativa, attraverso un procedimento di media-conciliazione) si potrà iniziare una causa civile vera e propria. La nuova legge ha introdotto anche la possibilità di un’azione diretta nei confronti della compagnia di assicurazione del medico o della struttura ospedaliera, proprio come accade, da tempo immemorabile, nell’ambito della RC-auto. I profili di responsabilità, il regime dell’onere della prova, i termini di prescrizione sono comunque diversi a seconda che le pretese della vittima siano indirizzate a un singolo sanitario piuttosto che a una struttura (casa di cura pubblica o privata, azienda ospedaliera o unità locale socio sanitaria). Prima di intraprendere qualsiasi, azione, è dunque doverosa, oltre che utile, una preliminare e oculata attività di screening non solo sotto il profilo medico-legale, ma anche sotto quello della strategia processuale da adottarsi e dei soggetti contro i quali indirizzare le proprie domande.
Si tratta di una categoria di danni involgenti una serie di problematiche di enorme rilievo, sia dal punto di vista prettamente giuridico che da quello umano. Le vite di chi ha la sventura di incappare in sinistri luttuosi (con il decesso di un prossimo congiunto) rimangono segnate per sempre sul piano esistenziale e su quello patrimoniale (del danno emergente e del lucro cessante). Si pensi solo alle conseguenze rovinose derivanti – per un nucleo familiare – dalla perdita del membro sui cui gravava l’onere del mantenimento degli altri congiunti di cui egli costituiva, magari, l’unica fonte di reddito. Quanto ai profili non patrimoniali del danno, essi vanno descritti e dimostrati compiutamente attraverso una complessa ed elaborata attività istruttoria articolantesi in una serie di mezzi di prova orali, documentali, consulenziali; magari con l’ausilio di specialisti in psicologia e/o in psichiatria. Tale sforzi saranno finalizzati a dimostrare, nella sua interezza, l’enormità del pregiudizio patito. Le note tabelle giurisprudenziali attraverso le quali si giunge alla monetizzazione della sofferenza costituiscono solo un primo momento – un passo preliminare – rispetto al vero lavoro consistente nel dare corpo e sostanza a vicende umane “spezzate” alla radice. Solo affrontando ogni specifica storia con la ferma volontà di farne emergere le caratteristiche peculiari e irripetibili si potrà giungere a un risarcimento dignitoso per tutti i soggetti coinvolti nel dramma.
L’infortunistica sul lavoro è diventata, con gli anni, una branca a sé stante del diritto sia per la numerosità di casi (tra cui vanno annoverate le cosiddette “morti bianche” rese tristemente note dai mass media) sia per la eterogeneità delle implicazioni, pratiche e giuridiche, discendenti a cascata. L’infortunio sul lavoro comporta, di regola, l’entrata in scena di soggetti e protagonisti ulteriori rispetto alla vittima e al colpevole (nella persona dell’azienda e del datore di lavoro): dall’Inail all’Inps, dallo Spisal al medico del lavoro. Le regole che disciplinano questo peculiare settore della responsabilità civile sono diverse da quelle applicate e applicabili nell’infortunistica stradale piuttosto che nella malasanità. Cambiano i destinatari delle pretese dell’infortunato, ma anche le norme disciplinanti la procedura da seguirsi onde coronare le legittime aspettative di giustizia della vittima. Il processo del lavoro è teoricamente più snello di quello ordinario e colui che, suo malgrado, si trova a dover accedere alle aule di giustizia per un incidente professionale può anche giovarsi di tutele e di guarentigie particolari di cui può e deve avvalersi nel corso sia della trattativa che precede il giudizio sia nel corso del giudizio vero e proprio.
In linea teorica, si definiscono come “macro-lesioni” tutte le menomazioni invalidanti di grado percentuale superiore al 9%. In altri termini, ogni qualvolta ci si trova di fronte a una perizia medico-legale che stima il danno biologico permanente in una percentuale che eccede quella or ora ricordata, può parlarsi di macro-lesioni. Esse sono valutate attraverso il ricorso a tabelle diverse da quelle cosiddette “di legge” previste per i micro-danni della RC-auto. In particolare si fa riferimento, oggi, a livello nazionale (e salvo sporadiche eccezioni) alle tabelle elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia del Tribunale di Milano. In primis, è fondamentale sapere che queste tabelle contemplano la possibilità di estendere l’entità del risarcimento in ragione delle peculiarità del caso concreto e della gravità della compromissione degli aspetti dinamico-relazionali in capo alla vittima. Insomma, tali matrici di calcolo sono dotate di una qual certa “elasticità” che va però impiegata in modo intelligente, avveduto e appropriato. In secondo luogo, va sempre rammentato che – in presenza di una macro-lesione di considerevole entità (superiore, per ipotesi, al 50-60%), danneggiato meritevole di ristoro non è più solo la vittima “primaria” (cioè colui che è incappato in prima persona nell’evento lesivo), ma anche la vittima “di rimbalzo” o “riflessa”, vale a dire il prossimo congiunto del danneggiato principale il quale può trovarsi a vivere una situazione personale, esistenziale e morale, addirittura peggiore di quella dei parenti stretti di un soggetto deceduto. Diventa, quindi, fondamentale prestare attenzione a tutti coloro sui quali l’evento avverso ha “impattato” con la sua carica disgregante o, addirittura, distruttiva.