Il danno da morte e il danno da “lucidità agonica”

Il video si sofferma sulla tematica del danno da morte partendo dall’ordinanza della Corte di Cassazione nr. 21.508 del 6 ottobre 2020 e ripercorrendo gli orientamenti giurisprudenziali sul punto a partire dalla “fine” del c.d. danno tanatologico dichiarata dalle Sezioni Unite della Cassazione nel 2015, soffermandosi altresì sulle categorie del danno biologico terminale e del danno da “lucidità agonica”

Il danno da morte, fra diritti e incertezze

Quale risarcimento spetta, ai prossimi congiunti e agli eredi, nel caso di morte di una persona per infortunio? La domanda sembra semplice, ma la risposta è complessa sia con riferimento alla natura dei danni subiti sia con riguardo all’entità del ristoro dovuto sia, infine, rispetto ai soggetti destinatari del risarcimento.

Una sentenza della Corte di Cassazione del 21 giugno 2020, la numero 11279, ci consente di fare un punto sullo stato dell’arte nella materia in oggetto. Innanzitutto, la Suprema Corte ha ribadito un principio ormai consolidato, tanto da potersi definire “granitico”, della nostra giurisprudenza: il danno da perdita della vita è diverso dal (e inconciliabile col) danno da perdita della salute. La vita è un bene giuridico autonomo spettante esclusivamente al titolare della stessa. E, soprattutto, la sua perdita è insuscettibile di essere reintegrata per equivalente. Il che significa, in altri termini: nessuno, tranne l’ucciso, potrebbe reclamare il risarcimento dell’esistenza perduta. Ergo, con la morte della vittima, questa prerogativa ovviamente si estingue e non può trasmettersi ai suoi eredi.

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Danno da lucida agonia: ha valore e deve essere risarcito

Quanto vale il danno subito da una persona nei momenti immediatamente precedenti la propria morte? Non c’è domanda più difficile, crediamo, cui sia chiamato a rispondere un giudice. Se non altro perché nessun giudice, così come nessuna persona integra e sana ha mai sperimentato – e quindi realmente “capito” – che cosa possa provare, una vittima, nell’attesa (incombente) della propria fine.

La giurisprudenza si è interrogata a più riprese nel corso degli anni, soffermandosi soprattutto su un aspetto: che è poi quello dello stato di coscienza del soggetto solo temporaneamente vivo in attesa di una morte sicura e imminente. È chiaro infatti che, almeno ad intuito e in linea di principio, altro è approssimarsi al decesso in uno stato di incoscienza, altro è farlo in modo lucido e, dunque, con la consapevolezza atroce della propria dipartita prossima ventura, e non più evitabile.

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Come ottenere il giusto risarcimento per il danno da morte

Per quantificare il danno non patrimoniale patito dalla vittima di un infortunio è indispensabile conoscere bene il contenuto delle cosiddette “tabelle milanesi”.

Si tratta di uno strumento, la cui ultima edizione risale all’aprile del 2018, con il quale l’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano ha aggiornato i metodi e valori di calcolo del danno alla persona.

Le tabelle milanesi propongono una liquidazione congiunta sia del danno biologico (psico-fisico) sia del danno cosiddetto “morale”, legato al dolore e alla sofferenza fisica.

Tali tabelle prevedono la liquidazione di un valore monetario specifico per ciascun punto di invalidità destinato a ristorare il danno biologico. Poi, è previsto un aumento dello stesso punto come riconoscimento della sofferenza morale. Più precisamente, dall’1 al 9 per cento il valore di ciascun punto è aumentato di un 25 per cento fisso, dal 10 al 34 per cento l’aumento è variabile (in un range che va dal 25 al 50 per cento); infine, dal 35 al 100 per cento l’aumento finalizzato al ristoro della sofferenza morale è pari a un 50 per cento fisso.

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Danno tanatologico e diritto al risarcimento

Un’ordinanza della Corte di Cassazione, la nr. 32.372 del 13.12.18, è tornata ad affrontare la tematica dei danni di natura non patrimoniale patiti dalla vittima di un sinistro nel breve lasso di tempo intercorrente tra il momento dell’incidente e quello del successivo decesso.

Secondo la Cassazione, il danno tanatologico è il pregiudizio di natura non patrimoniale patito da un soggetto nel ridottissimo periodo di tempo che precede il decesso.

Questo tipo di danno si può concretizzare in una lesione della salute o in un turbamento dell’animo derivante dalla coscienza della morte imminente. Le differenze tra le due fattispecie sono le seguenti.

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