All’Inail meno premi, ma più risarcimenti
Contano più le casse dell’Inail o le tasche dei lavoratori? Da come guardi il mondo, tutto dipende, cantava Jarabe de Palo. E ciò vale senz’altro per una piccola, grande novità contenuta nel decreto fiscale e sfuggita all’attenzione dei più. Partiamo dal principio. Per effetto della manovra, l’Inail dovrà fare i conti con una riduzione dei premi pagati dalle imprese al fine di assicurare i lavoratori contro gli infortuni e contro le malattie. Il taglio è pari a un 15,24 per cento, per minori entrate stimate in un miliardo e 535 milioni nel triennio 2019-2021. Ma se con una mano lo Stato ha tolto, con una mano (la solita manina?) ha restituito. Infatti, nelle pieghe del decreto fiscale, è stata inserita una novità nient’affatto favorevole per coloro che incorrono in un infortunio sul lavoro “in itinere”, cioè durante il tragitto casa-lavoro, e viceversa. Ci riferiamo alla modifica dell’art. 142 del decreto legislativo nr. 209 del 2005 (Nuovo Codice delle Assicurazioni).
Per capire di che stiamo parlando, dobbiamo fare un passo indietro e ricordare cosa succede nel caso in cui il lavoratore incappa in un incidente stradale, riportando lesioni pari o superiori al 16 per cento di invalidità permanente. L’Inail corrisponde all’infortunato delle somme sotto forma di rendite: una come indennizzo del danno biologico (cioè all’integrità psicofisica) e una come indennizzo del pregiudizio patrimoniale (cioè alla capacità lavorativa). Il lavoratore infortunato, tuttavia, può avanzare nei confronti dell’assicurazione automobilistica del responsabile del sinistro una ulteriore pretesa per vedersi ristorare i cosiddetti danni “complementari” e “differenziali”. Si tratta, per farla molto semplice, di quelle voci di danno che l’Inail non indennizza proprio o non indennizza per intero. Per esempio, il danno biologico temporaneo o quello da sofferenza morale, che l’Inail non paga affatto, o una parte del danno biologico permanente, che l’Inail ristora solo in misura parziale. In genere – ad oggi e di regola – accade che l’assicurazione del responsabile civile tratta con il danneggiato e poi gli risarcisce il danno non patrimoniale in base all’entità delle lesioni accertate e alla conseguente monetizzazione delle stesse effettuata secondo precise tabelle elaborate dalla giurisprudenza del Tribunale di Milano.
Una volta fatti i “conti della serva”, per così dire, l’assicurazione, in sede di trattativa, o il giudice all’esito di una causa civile, defalcano da quanto spetterebbe al lavoratore, la somma corrispondente al capitale che l’Inail ha accantonato al fine di erogare alla vittima una rendita a titolo di danno biologico. Questa porzione del risarcimento sottratta al lavoratore finisce nella casse dell’Inail. In gergo, si dice che l’Inail si surroga nei diritti del lavoratore ed è un meccanismo pensato per evitare che l’infortunato venga risarcito due volte per lo stesso danno. Secondo la giurisprudenza, però, l’Inail non può rivalersi su tutte le somme erogate, a titolo di danno biologico permanente, dall’assicurazione del responsabile civile a favore del lavoratore danneggiato. Più precisamente, l’Inail – dalla torta del ristoro del danno biologico permanente spettante al lavoratore – potrà ritagliarsi solo una fetta corrispondente a ciò che l’istituto ha corrisposto alla vittima sempre come danno biologico permanente, non anche una fetta corrispondente a ciò che l’istituto ha corrisposto alla vittima come danno patrimoniale. Il che è logico, giusto e corrispondente a buon senso: il lavoratore non deve essere risarcito due volte per la stessa voce di danno – abbiamo detto – ma non deve neppure ricevere meno di quanto gli spetta.
Ebbene, l’art. 142 del Nuovo Codice delle Assicurazioni è stato modificato, dal decreto fiscale 2019, in senso opposto a quello cui era pervenuta la giurisprudenza di cui sopra. Infatti, vi si legge che l’assicurazione potrà procedere alla liquidazione del danno a favore del lavoratore infortunato solo previo accantonamento, a beneficio dell’ente pubblico, di una somma “a valere sul complessivo risarcimento” idonea a coprire il credito dell’ente per le somme erogate o da erogare “a qualsiasi titolo”. Facciamo un esempio ipotetico, con valori puramente simbolici, tanto per capire le conseguenze pratiche di tutta la faccenda: supponiamo che un dipendente, tornando a casa in bicicletta da lavoro, venga investito da un’auto e riporti un danno biologico permanente pari a un tot per cento per un controvalore in denaro di 100.000 euro. Supponiamo, altresì, che l’Inail accantoni, a favore dello sventurato ciclista, 100.000 euro (di cui 50.000 a titolo di ristoro del danno biologico permanente e 50.000 a titolo di ristoro del pregiudizio patrimoniale). Ebbene, fate due conti: con il “vecchio” sistema, al nostro toccavano 50.000 euro di risarcimento (cioè 100.000 meno 50.000 che finivano all’istituto). Con il nuovo sistema, lo stesso povero diavolo otterrebbe un risarcimento, rispetto alle succitate voci, pari a zero e l’ente si piglierebbe tutta la posta. Quindi, riassumendo, possiamo tranquillamente affermare che, con la riforma in questione, l’Inail potrebbe guadagnarci un bel po’ di quattrini a tutto svantaggio delle vittime degli infortuni sul lavoro. Forse ciò consentirà all’Istituto di “tamponare” gli effetti della riduzione dei premi di cui parlavamo all’inizio. Di certo – a meno di aggiustamenti giurisprudenziali di segno contrario, sempre possibili in Italia – a rimetterci saranno i diritti dei lavoratori danneggiati a un equo e integrale risarcimento del danno biologico patito.
Francesco Carraro