Vietato opporre al trasportato il concorso di colpa del conducente
Una delle acquisizioni pacifiche conseguenti all’entrata in vigore del Nuovo Codice delle Assicurazioni private, nel lontano 2005, riguarda la posizione del terzo trasportato. Infatti, l’art. 141 prevede che l’azione di risarcimento del soggetto che abbia subito danni viaggiando a bordo di un veicolo debba essere sempre rivolta nei confronti dell’assicurazione del vettore.
Tuttavia, non è sempre stato così e non è necessariamente così neanche oggi, allorquando il trasportato danneggiato abbia radicato un giudizio omettendo di invocare l’applicazione dell’art. 141 di cui sopra.
La Corte di Cassazione si è trovata ad affrontare la questione con l’ordinanza 15.313/2017 con la quale ha preso posizione a proposito del caso seguente: una signora, trasportata in una vettura, era rimasta coinvolta in un incidente stradale e il giudice di merito, in sede di appello, aveva ridotto l’importo del risarcimento riconosciuto alle medesima dal Tribunale. Perché? In ragione del fatto che il conducente del veicolo a bordo del quale la donna viaggiava era stato reputato responsabile, sia pure in via concorsuale, del sinistro.
Ebbene, il principio sancito dalla Suprema Corte nell’ordinanza surrichiamata, va nella direzione contraria, ossia afferma che, al soggetto trasportato, non può mai essere opposta la colpa concorrente del vettore nella determinazione dell’evento lesivo.
Infatti, come hanno evidenziato i giudici di Piazza Cavour, il danneggiato trasportato può sempre giovarsi della presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054 comma 1 del cod. civ. secondo il quale il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è tenuto a risarcire il danno cagionato a terzi salvo che non provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Dopodiché, nell’ipotesi in cui – come appunto nel caso affrontato dai giudici di legittimità con l’ordinanza di cui in commento – sia configurabile una concorsualità tra il conducente del veicolo vettore e il conducente del veicolo antagonista, quello tra i due che avrà pagato l’intera posta al danneggiato potrà rivalersi nei confronti del corresponsabile attraverso l’azione di regresso.
Ciò significa ribadire una regola aurea troppo spesso “dimenticata” dagli operatori del settore: quando il danno è causato da una pluralità di soggetti, la vittima del pregiudizio potrà agire per ottenere l’integrale ristoro anche nei confronti di uno solo tra i due o più corresponsabili. Fermo restando che la parte sulla quale finisca per gravare la condanna al complessivo risarcimento potrà poi vedere frazionato il proprio debito tra gli altri coautori del fatto (in via proporzionale alle colpe di ciascuno di essi). Il summenzionato principio è sancito dall’art. 2055 del codice civile.
In proposito, vale la pena ribadire una raccomandazione non peregrina: ogni qual volta ci si trova a indirizzare le proprie pretese nei confronti di uno solo dei soggetti concorsualmente responsabili dell’evento dannoso è più che mai opportuno citare, nelle conclusioni del proprio atto introduttivo, la norma di cui al prefato articolo 2055. E ciò onde evitare che il giudice possa interpretare l’azione come se la medesima fosse “contenuta” nei soli confronti di quello, tra i colpevoli, contro il quale si attivano le proprie pretese.
È pur vero, peraltro, che l’ordinanza de quo contiene una buona notizia anche sotto questo profilo.
Essa, infatti, sostiene che l’azione eventualmente esperita nei confronti di uno soltanto dei corresponsabili (senza, cioè, il richiamo – a supporto delle proprie istanze – dell’art. 2055 c.c.) non costituisce di per sé una remissione tacita del debito nei confronti dei corresponsabili del danno e neppure implica una rinuncia al beneficio della solidarietà nei confronti dei vari condebitori.
In conclusione, la Cassazione ha censurato la Corte d’Appello per avere, quest’ultima, indebitamente ridotto il risarcimento del danno della trasportata sulla base dell’erroneo assunto che fosse addebitabile al conducente/vettore un qualche concorso di colpa. Se anche così fosse stato – ci insegnano gli Ermellini – l’unico a doverne scontare le conseguenze penalizzanti, sul piano risarcitorio, era quest’ultimo (cioè, appunto, il conducente/vettore) e non, invece, la vittima che si trovava a viaggiare sul di lui veicolo.
Avv. Francesco Carraro – www.avvocatocarraro.it
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